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SPECIALE SU ISCHIA


Cucina diabolica e seducente

di Roberto Perrone

L'ostentato richiamo al primitivo celebra il rispetto della migliore tradizione italiana.


Sarà per quel monte che si arrampica verso il cielo e avvantaggia il pensiero di un'isola-non isola, sarà per la commistione tra mare e terra, ma <%=ischia%> conserva quel senso di primitivo, di selvaggio, ma che ora, incrociandosi con la modernità, ne fa, da un punto di vista dei sapori, un luogo impagabile. Oltre alle sensazioni ci sono dei fili visibili che annodano la tradizione gastronomica italiana. Attaccando con piacere un coniglio all'ischitana, cotto nel tegame di creta con aglio, cipolla e pomodorino, da "Damiano", il pensiero va al maiale di cinta senese e al recupero delle tradizioni che la nostra grande cucina sa perseguire a tutte le latitudini.
Di conigli, sulle falde del monte Epomeo, ce n'erano migliaia, allo stato brado, all'inizio del secolo. Da lì è nata la tradizione della caccia nell'isola, dalla memoria è rinato - dopo anni di abbandono, proprio come per la cinta senese - l'allevamento del coniglio di fosso, che si alimenta, in grandi buche, con l'erba che cresce lì. Il coniglio all'ischitana si può trovare celebrato anche in cima al monte in due ristoranti con vista, da raggiungere a dorso di asinello o a piedi. Insieme col coniglio, da "Damiano" ci sono anche polli ruspanti, che si possono "visitare" dietro il ristorante e grigliate di manzo e maiale (oltre al pesce, certo). Da quest'anno qui il coniglio sarà rigorosamente di "fosso". Cucina di terra, ma anche di mare, perché il mare sta tutto intorno, col le sue acque pescose. Il pesce a <%=ischia%> non tradisce. Salvatore, detto Cocò, esce dal suo ristorante e, percorsi pochi metri, afferra le cassette coi pesci di paranza che gli porgono i pescatori che hanno appena attraccato. Lo stesso pesce emerge dai rigatoni che portano il nome di un altro bel ristorante sul porto: "Alberto". Pasta di Gragnano con gamberoni, capperi, olive e pomodorini.

Sapori di terra e di mare, sapori ricchi, e il richiamo al "primitivo" non svilisce, anzi, ma celebra il rispetto della tradizione italiana, che fa del pasto un momento indimenticabile che pretende razioni abbondanti. Questo si ritrova anche nei piatti elaborati del "Melograno" a Forio, dove le mezzemaniche alla ricciola, capperi e olive, vengono serviti nella giusta quantità con un occhio alla nuova cucina, ma anche al desiderio di chi fa un viaggio nel gusto e lo vuole prolungare il più possibile. Il pesce arriva tutti i giorni, i giapponesi una volta all'anno. Vanno da Gaetano Fazio, che una volta andò a fare la pizza in Giappone ed ebbe successo. Tanto che sono nati dei "fans" club a suo nome. I giapponesi arrivano a dieci, quindici, si piazzano nel suo locale e imparano l'arte. Almeno, lavorando lì, non devono fare la mostruosa coda che si forma nell'attesa di un posto al sole di una "margherita". Ma per evitare la fila, si possono esplorare altri siti, come quello di Ciro e Anna Calise, il "Don Michele" che una volta era "La terrazza".

Anche qui, cucina creativa con attenzione alle tradizioni e un trasferimento estivo ai Giardini Eden degli scogli di Sant'Anna. V'è certezza di freschezza e qualità perché il destino offre certificazioni inconfutabili: il pesce castagna, con capperi e patate, si gusta alla spiaggia dei Maronti al ristornate da "Ida", i cui proprietari di cognome fanno Pesce. Nomen, omen. Dal "Monfalcone" a Casamicciola, non ci sono solo ottimi piatti, ma anche prezzi modici in un palazzo ottocentesco. Strano, per un' isola, ma abbiamo fatto il percorso inverso a quello degli abituali visitatori, siamo scesi dal monte, verso il mare, dal centro verso l'esterno, come se avessimo intuito l'importanza di un centro di gravità. Per cui ora gustiamo meglio la vita mondana, lo struscio immancabile che ha tappe obbligate alla "Caffetteria del corso" di <%=ischia%>, da Girolamo e Chantal, che hanno creato il culto dell'aperitivo serale. Dalle 19 stuzzichini, chiacchiere, occhiate, ammiccamenti e aperitivi attendono interpreti.

Così il buio che viene può essere solo un invito a proseguire l'avventura con un drink a lume di candela col sottofondo delle note di un piano, a Sant'Angelo, nella "Tavernetta", tra ceramiche tipiche o al "Gran Caffè Vittoria" con la sua terrazza sul Corso, dove passa tutta la gente dell'isola per partecipare al rito della vita notturna ischitana officiato da Cesare Di Scala. Per chi non voglia lasciare <%=ischia%> a mani vuote, dopo averne respirato tutto il fascino, è possibile catturare una torta ischitana, a base di fichi e noci, nella pasticceria "Calise" a Casamicciola, oppure tuffarsi negli "Antichi sapori ischitani" a <%=ischia%> porto o, ancora sul Corso Vittoria Colonna, a "<%=ischia%> Sapori", all'"Enoteca Di Meglio" a salita San Pietro, alla "Cantina" di Casamicciola, al "Me gusta" di Forio. Limoncello, babà, melanù (liquore con la mela annurca), olio extra-vergine aromatizzato al limone, marmellate e gelatine, spezie, vini tipici (D'Ambra, Pietratorcia, Perrazzo le case più rinomate). Che dire. Forse le terme le hanno fatte apposta, forse hanno voluto bilanciare questo miscuglio di sapori di terra e mare, così primitivo e moderno, da risultare seducente, diabolico. Non pochi, infatti, quelli che, lasciando <%=ischia%>, hanno venduto l'anima al diavolo per conservarne il gusto.

Roberto Perrone, giornalista del Corriere della Sera


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