| HOME PAGE | OFFERTE HOTEL PER ISCHIA |
| Indice di SPECIALE SU ISCHIA |

SPECIALE SU ISCHIA


La natura inquieta rese l'isola feconda

Di Aldo Canale

<%=ischia%> deve alla sua natura vulcanica i suoi incantevoli paesaggi e le sue acque termali calde e "miracolose".
Sta a noi presentare tanto ben di Dio.

Potremmo definirla l'isola che s'è fatta da sé, per il carattere creativo della sua forza vulcanica che l'ha portata nel tempo a modellarsi in modi e forme che le hanno regalato una bellezza inarrivabile: paesaggi intensi e tagliati, una vegetazione esplosiva, varietà di microclimi, viscere fumanti, acque calde e miracolose. Che la terra in qui viviamo sia da sempre in incessante modificazione lo sappiamo bene, anche perchè in buona misura abbiamo preso a contribuirvi con le nostre dissennatezze. Ma come sia possibile che a <%=ischia%> queste modificazioni di madreterra siano avvenute in modo tale da offrire ai suoi abitanti una gamma così estesa di privilegi in natura, questo è un mistero che difficilmente potrà svelare chi non ha dimestichezza con le discipline della litosfera.

Diciamo prima di tutto che quest'isola, nata da un cratere submarino, ha imparato a vivere prima e poi a trarre vantaggio dai suoi mal di pancia. Anzi, per essere più precisi, dai capricci di quel gigante ribelle di nome Tifeo che, secondo la mitologia, è imprigionato nelle sue viscere per volere di Giove che lo volle punire per la sua improntitudine. Naturalmente ci riferiamo alla particolare natura vulcanica dell'isola e alle sue particolari caratteristiche geomorfologiche che rendono così ricca e varia la sua vegetazione, così preziose le sue acque termali e così affascinanti e colorati i suoi fondali di un mare frequentato ancora oggi da meduse e delfini, autentici certificatori della sua limpidezza.

I nostri antenati amavano attingere alla sapienza dei miti e non sapendo come spiegare la vivace tettonica di <%=ischia%> hanno pensato bene di tramandarci l'ingegnoso racconto della forza imprigionata del gigante; un racconto che, una volta assurto alla dignità di mito, di per sé non richiede né spiegazioni logica né dimostrazioni scientifiche. Una cosa è certa: Tifeo può dimenarsi, ma non più di tanto visto che la punizione di Giove è eterna ed esemplare. Mai riuscirà a divincolarsi. A causa dei suoi tormenti, il monte Epomeo scende o sale impercettibilmente a seconda dei tempi, il mare può scolpire con maggiore o minore incisività le scogliere, e rendere più o meno vertiginosi gli strapiombi, ma nel insieme questo straordinario laboratorio di invenzioni paesaggistiche e di risorse naturali che è <%=ischia%> non potrà che migliorare e rinnovarsi. Il pericolo è altrove: nell'ingordigia e nella vocazione onnivora della speculazione edilizia.

Forse, non per nostro merito, noi contemporanei possiamo godere della ricchezza e della fecondità di un ambiente naturale alle quali gli uomini di un passo lontano non hanno potuto attingere con la tranquillità necessaria. Non certo per gli scuotimenti di Tifeo, perché le attività sismiche si sono distribuite più ragionevolmente di quanto non si creda; quanto invece a causa delle incursioni, ben più frequenti e devastanti, dei corsari e dei predatori che nei secoli hanno reso improbabili e comunque effimeri i tentativi di dar vita, specie nelle fasce costiere, ad insediamenti stabili e consistenti.

 

<%=ischia%> ebbe certo momenti di grande vitalità (se non di splendore) a metà dell'Ottavo secolo avanti Cristo quando ospitarono i coloni che avevano lasciato Calcide e Eretria nell'Eubea per cercare fortuna in questa lontana isola che chiamarono Pithecusa. Qui impiantarono attività agricole, davvero fruttuose in ragione della fertilità del suolo, ed operose fabbriche per la lavorazione del vasellame che divenne una specialità del luogo. Poi la scelta di molti coloni di trasferirsi nel continente e la fondazione di Cuma segnarono la fine di un esperienza insediativa che forse è stata più intensa ed evoluta dal punto di vista culturale ed antropologico di quanto ci è dato sapere. La colonizzazione dei romani, che pure costruiscono le terme nei pressi delle fonti calde e ne valorizzano le proprietà terapeutiche, non investe più di tanto su <%=ischia%>. Nonostante gli apprezzamenti e le frequentazioni di Augusto. "Niente", scrive il professor Amedeo Maiuri, "che ricordi le possenti costruzioni formali, le ville lussuose, i templi, le vie le piscine, gli acquedotti, i porti della costa di faccia, Cuma, Misero, Baia e Pozzuoli".

"primo tangibile segno di potenza è il Castello aragonese attanagliato alla roccia ferrigna di uno scoglio", scrive ancora Maiuri, individuando così i limiti della prima, vera ed unica realtà insediativa con cui <%=ischia%> si riaffaccia nel paesaggio da un'oscura storia medievale ad una più promettente storia moderna. Il Castello si configura nel disegno di Alfonso d'aragona come un appendice del Regno di Napoli con una funzione di rifugio (negli amori) e di fortezza (nei momenti di pericolo). Nel cinquecento le rinascimentali figure di Costanza D'Avalos e di Vittoria Colonna seppero trasformarla in un'ambita cittadella che poteva conciliare il bisogno di sicurezza con il desiderio di sviluppare le arti. Perciò fu frequentata dagli ingegni del tempo. Ma poi il fascino della cittadella scemò, la fortezza divenne una prigione e tocco ai cannoni della flotta dell'ammiraglio Nelson, nel 1809, compiere l'opera di distruzione e decretarne quell'abbandono al quale solo da qualche anno si cerca di porre riparo.

Il contrasto tra il carattere rigoglioso della natura - e prima di tutto dello straordinario patrimonio - e la marginalità di una storia locale che sembra essere rimasta compressa nelle mura del Castello, ha finito con l'accreditare per lungo tempo l'idea di un isola bellissima ma abbandonata agli elementi, e perciò selvaggia, anche e soprattutto nella sua componente umana e sociale. Di questo risentono in particolare le riflessioni di George Berkeley nei due suoi viaggi in Italia all'inizio del settecento e nei suoi lunghi soggiorni ad <%=ischia%>. Scrive Ilia Delizia nel suo <%=ischia%>: l'identità negata : "Nella bellezza di una natura incontaminata, indenne dai malefici altrove indotti da un incipiente industrialesimo, <%=ischia%> incarna pienamente l'idea estetica del Berkeley, sulle cui trame si riammaglia la sua utopia sociale e filosofica, il sogno e il progetto di uno stato di comunità perfetta".

 

Era il tempo in cui l' asino - parola di Berkeley - era "la sola voiture qui in uso" e Dio sa quanto da allora i tempi siano cambiati. Il filosofo irlandese era attratto dal contrasto da lui percepito o desiderato tra la realtà di una natura esuberante e prodiga e l'immaginazione di una umanità innocente, se possibile autenticamente, definitivamente selvaggia. Così non accorgendosi che l'equilibrio tra uomo e natura in quell'isola si era realizzato nel tempo, proprio per la capacità dell'uomo di adeguarsi all' ambiente ricercando una misurata e saggia contiguità tra la dimensione urbana e quella rurale. Senza esasperazioni urbanistiche, senza separazioni drastiche tra gli spazi sociali. Senza aggressioni ad una natura che elargiva fertilità e salute ma esigeva per se spazi liberi e incontaminati.

 

Oggi la visita ad ischia rientra nei canoni del migliore e più confortante turismo. È più che mai l'isola della salute del corpo e della mente con le sue organizzatissime terme che ripropongono nelle loro architetture del territorio l'immagine di quel "universale giardino di tutta la terra che il gran Creatore di tutte le cose ha ordinato per la vita dei viventi, e per stanza dell'uomo" di cui parlava Giulio Isolino nel suo fondamentale Dei rimedi naturali che sono nell' isola di Pithecusa, oggi detta ischia. "Quasi ogni giorno" scriveva Isolino, "andiamo con molte fatiche e pericoli penetrando le spelonche e le caverne di quell'isola e girando intorno a tutto quel tratto di mare, per non lasciare alcuna cosa indietro. facendo poco conto dei pericoli che correvo dei corsari". C'è ancora grande abbondanza dei "rimedi naturali" e molto altro oggi a <%=ischia%>. Basta avere solo la capacità, il coraggio, la lungimiranza di conservare tutto questo ben di Dio. In fondo si tratta semplicemente di prendere atto che non possiamo essere noi, figli della rivoluzione industriale e generatori dell'ingorda società dei consumi, i cloni di quei pirati dai quali,di tanto in tanto, quest'isola è costretta a difendersi.

| HOME PAGE | OFFERTE HOTEL PER ISCHIA |
| Indice di SPECIALE SU ISCHIA |
Torna su